venerdì 25 dicembre 2009

Ok, sono razzista


Ok, sono razzista

Sì, sono razzista ma bisogna intendersi. A momenti non sono razzista nei confronti dello scimpanzé perché il nostro patrimonio genetico è pressoché identico. Poi non si può dire che le razze umane abbiano una frontiera: fra un senegalese e un finlandese le differenze sono evidenti ma non è che fino a Bologna tutti siano come gli abitanti di Helsinki e già a Firenze tutti siano neri come gli abitanti di Abidjan. La differenze somatiche passano dall’una all’altra “razza” così gradualmente che non esiste la possibilità di stabilire una linea di demarcazione.

C’è un razzismo pressoché inevitabile. Chi è vissuto da giovane in un mondo popolato esclusivamente da bianchi trova le nere talmente diverse e “brutte” da non esserne attratto sessualmente. Questo, benché l’esperienza insegni che l’incrocio è fecondo. Il fenomeno di imprinting, prima di essere biasimato, deve dunque essere capito. In un film di Walt Disney un cucciolo di leone è adottato da un branco di pecore e, naturalmente, si crede una pecora: l’infanzia ci detta l’idea di chi siamo e di chi dobbiamo desiderare. Poi, certo, con la cultura e l’educazione, si va oltre: ma l’imprinting non una colpa.

Più interessante è invece il caso di chi può anche desiderare una negra (perché nel suo imprinting anche le nere sono donne), ma le disprezza e le trova inferiori. Questo è il razzismo dei colonialisti e degli schiavisti, dunque il più condannabile: ma, ancora una volta, va studiato.

Nel film “Indovina chi viene a cena?” Katharine Hepburn e Spencer Tracy hanno una figlia che vuole sposare un nero e il problema è ben posto: se il giovane, Sidney Poitier, fosse uno sbandato, uno spacciatore di droga o un ladruncolo, la misura del razzismo salirebbe a mille. Invece è un colto professionista e non si ha nulla da rimproverargli, salvo il colore della pelle. Il razzismo in questi casi è un pregiudizio stupido e ingiustificato, imbarazzante persino per chi lo sente. .

Ma anche il pregiudizio razzista è figlio dell’esperienza. Se in una città del Nord tutti i meridionali fossero rumorosi, sputassero per terra, non facessero disciplinatamente la fila e costituissero dovunque un problema, ci si farebbe l’idea indiscutibile che “tutti i meridionali sono dei maleducati”. Sarebbe ingiusto nei confronti di un perfetto gentiluomo messinese o barese, ma non sarebbe stupefacente: l’economia esistenziale c’induce tutti a generalizzazioni. Se in un negozio che vende cento articoli diversi ne abbiamo comprato uno cattivo, non ci torneremo più, pur non avendo alcuna prova che gli altri novantanove, o la maggioranza di essi, siano scadenti.

Lo stesso avviene con i gruppi umani. I grandi proprietari del sud degli Stati Uniti erano gravemente colpevoli di usare degli schiavi per il lavoro nei campi ma non erano colpevoli di considerarli primitivi e ignoranti perché quei poveretti, per colpa degli stessi proprietari, erano effettivamente primitivi ed ignoranti. Né c’è da stupirsi se una signora è allarmata, incontrando zingari nelle scale di casa sua: non raramente questi nomadi si rendono colpevoli di furtarelli.

Se vogliamo che la società abbia meno pregiudizi, a parte lo sforzo che ciascuno deve fare per superarli, la migliore soluzione rimane comunque quella di eliminarne i motivi. Dopo che nel mondo si erano verificati degli attentati, i passeggeri di un aeroplano si rifiutarono di partire finché non fossero stati fatti scendere alcuni arabi vestiti alla moda del loro paese. Episodio sconvolgente: ma del tutto incomprensibile?

Se il nostro gruppo si è comportato in modo creare un pregiudizio negativo, in primo luogo dobbiamo riconoscere le nostre colpe ed essere molto pazienti. Gli altri non hanno il dovere della saggezza e della santità. Se mi dicono: “Italia? Sicilia? Mafia!” mi metto a ridere e non dico certo: “Come si permette?” Prima rendiamo l’isola sicura come la Bretagna o la Bassa Sassonia, e poi avremo il diritto di offenderci. Nello stesso modo non bisogna stupirsi se nei film americani, se ci deve essere un capobanda mafioso, gli si dà un nome italiano.

L’idea di un rumeno ladro stupisce meno dell’idea di uno svizzero ladro, è naturale: ma la persona intelligente tiene conto solo della persona che ha di fronte.

Gianni Pardo (affaritaliani)

4 commenti:

Elena T. ha detto...

Io sono razzista contro la stupidità, ma a questo credo che ci sia poco rimedio..

Anonimo ha detto...

I tuoi commenti sono sempre estremamente intelligenti e pertinenti. Un bacione tesoro!!
by eraclix

Anonimo ha detto...

Come disse un grande uomo" 2 sono le cose che sono infinite: l'universo e l'ignoranza" in questo gli do ragione e quindi mi definisco razzista verso gli ignotanti

spartano

Anonimo ha detto...

va cuiccate o scuro...e poi mu sae addiri chi voiddire...!!

"....la piu' bella vittoria l'avremo ottenuta quando le mamme italiane spingeranno i loro figli a giocare al rugby se vorranno che crescano bene, abbiano dei valori, conoscano il rispetto, la disciplina e la capacita' di soffrire. Questo e' uno sport che allena alla vita."

John Kirwan ex allenatore nazionale italiana e giocatore degli All Blacks