mercoledì 5 ottobre 2011

Considero l'editor del Grillotalpa un bravo giornalista e sopratutto molto equilibrato anche nei momenti in cui il "tiro al piccione FIR" appare lo sport nazionale .
Pubblico  pertanto questo post di prospettiva che salva il salvabile e ci proietta in avanti come deve avvenire nella vita  a prescindere...ricordandoci che a volte.." la forma è sostanza..!"

Dove va l’Italia ovale dopo Dunedin


C’è chi se la prende con i giocatori, chi con Mallett, quasi tutti con Dondi.
Ora, le responsabilità di quanto avvenuto in campo a Dunedin sono di molti, però non mettiamoci a sparare un po’ a caso nel mucchio. L’Italia è arrivata a 40 minuti dal coronare una vittoria che avrebbe segnato un momento fondamentale per la palla ovale del Belpaese. Non ci è riuscita. Merito soprattutto degli irlandesi che si sono strameritati i quarti di finale, ma anche dalla nostra parte della barricata le responsabilità non mancano.
C’è Mallett che non è stato in grado di far cambiare passo alla nazionale una volta andata sotto ad inizio secondo tempo: per 40 minuti hai imbrigliato le terze linee e i centri irlandesi, non hai giocato benissimo ma in maniera molto intelligente e vai al riposo sostanzialmente in pareggio. Se gli avversari per fortuna, bravura o demerito della nostra difesa riescono a trovare il bandolo della matassa e a riscrivere la storia della partita qualcosa devi fare. Invece nulla. E un giorno o l’altro, caro Nick, ci dovrai spiegare perché la difesa – che fino a un annetto fa era il nostro punto di forza oggi è diventata un mezzo problema.
Ci  sono ovviamente i giocatori, che in campo alla fine ci sono loro. Tra pregi e manchevolezze per un tempo il loro l’hanno fatto. Potevano osare un po’ di più? Certo che sì, ma insomma, la partita era apertissima. Poi la meta irlandese. Io capisco tutto, il contraccolpo psicologico e bla bla. Però se ti giochi l’accesso ai quarti di finale in una partita dentro-fuori può capitare che le cose non vadano come le avevi programmate e che magari gli avversari abbiano l’ardire di segnare una meta. In quel caso si prende, si porta a casa e si riparte, magari con un atteggiamento un pochino meno difensivista. Se poi te ne segnano un’altra e ti ritrovi sotto di 20 punti con mezzora di gioco ancora davanti, ecco a quel punto dovresti buttare a ramengo tutte le paure e i timori. La partita è persa a quel punto, tentare di fare qualcosa non sarebbe stato poi così brutto. Invece nulla, e diciamocelo, è questa la cosa che ci ha fatto arrabbiare tutti (capitano, Sergio, dov’eri in quel momento? Perché non sei riuscito a dare la scossa? Non ti hanno ascoltato? Non ne avevi più?). Perché perdere contro l’Irlanda ci sta, però il come è importante. A volte la forma è sostanza.
Poi ci sono le colpe che arrivano da lontano. Quelle federali, per intendersi. Dare contro la FIR è una disciplina piuttosto diffusa dalle nostre parti. Non che Presidente e sottoposti non abbiano responsabilità. Però anche qui, siamo davanti a un bersaglio molto comodo e molto facile con cui prendersela.
Dice, la politica federale, le franchigie, la gestione del potere, le scelte, gli uomini preposti a… e tutto il resto del rosario. Per ognuno di questi atti d’accusa c’è un fondo più o meno consistente di verità: le Accademie non funzionano ancora a dovere e il rodaggio dovrebbe essere finito già da un paio di anni almeno (quanti erano i giocatori passati per Tirrenia e consorelle presenti in Nuova Zelanda? Pochi, pochissimi). La stessa scelta degli atleti di interesse nazionale ha registrato delle manchevolezze pesanti: tanto per dire non c’erano Semenzato e Gori (e qui pure Mallett ha le sue belle responsabilità).  Uno staff tecnico – a tutti i livelli – che avrebbe bisogno di un po’ di aria fresca e non della girandola di sedie che però portano sempre gli stessi nomi.
Però la FIR è solo uno degli attori sul palcoscenico, per quanto importante. Le società che tanto se la prendono con Dondi (ma chi lo ha votato il Presidente? Non mi pare si sia autoimposto…)  hanno la loro bella fetta di colpe: la scorciatoia degli stranieri per ottenere prima risultati, per esempio. Se da anni in Italia non produciamo aperture degne di questo nome, forse qualche colpa ce l’hanno ANCHE i club.
Non difendo la Federazione a prescindere, non sono l’avvocato del diavolo, ma nemmeno l’attacco a prescindere. La gestione di una Federazione – qualsiasi  federazione – è politica e potere. Tutto sta nel dare a un movimento intero un progetto, un obiettivo di media-lunga durata e adoperarsi per quello. Poi le magagne, le critiche, le accuse di favoritismi eccetera sono connaturate ad ogni centro di potere, piccolo o grande che sia. A fare la differenza è la chiarezza degli obiettivi e il vigore con cui si lavora per ottenerli. Non credo che se al posto di Dondi ci fosse Mister X le cose andrebbero molto diversamente. Dondi è il vertice di un blocco di potere, Mister X pensate invece che governerebbe il rugby italiano dall’alto di una pianta? La differenza sta nella spinta e nel vigore con cui si fanno le cose, con la capacità di imporsi sugli altri attori del palcoscenico. La grande domanda oggi è questa: questa gestione, dopo 15 anni e passa, è in grado di farlo? Io non lo so, non ho la risposta in tasca come molti invece sembrano avere. Certo le premesse non sono ottimali: il fatto di aver conservato lo staff tecnico fino alla fine del prossimo Sei Nazioni non è molto logico. Sarebbe stato ok se a sceglierli fosse stato Brunel, ma sappiamo tutti che non è così. Arriva il nuovo ct e bisognerebbe dargli la possibilità di scegliere i collaboratori più stretti. Lo vuole il buon senso. Altrimenti ci si espone a critiche che si potevano tranquillamente evitare e si da ai propri avversari un’arma in più.
Il 2012 sarà anno di rielezione federale. Qualche giorno fa Dondi con il sottoscritto è stato piuttosto sibillino sull’opportunità o meno di una ricandidatura. Forse era solo pretattica, diplomazia di un uomo che ben sa navigare in certi mari. Oppure no, forse c’era sincera stanchezza dopo tanti mandati che inevitabilmente ammorbidiscono ogni spinta riformatrice. Non lo sappiamo, non ora quantomeno.
Quello che so io è che quello che ora proprio non serve al nostro movimento è il traccheggiare, il cercare di mantenere in qualche modo in navigazione la barca nei mari di cui sopra. Oggi serve chiarezza e soprattutto forza e volontà politica di fare le cose. A parole la prima c’è, quanto al vigore invece tutto è molto più nebbioso. La palla però ora ce l’ha proprio il Presidente Dondi: dia carta bianca a Brunel (se lo ha scelto evidentemente gli obiettivi sono gli stessi) e lo sostenga con tutte le forze a disposizione della Federazione. Contro chiunque. Altrimente sarebbe un’altra occasione sprecata. L’ennesima. E poi come lo va a spiegare ai 40-50mila che nonostante tutto andranno all’Olimpico a febbraio/marzo per il 6 NAZIONI?

FONTE:http://ilgrillotalpa.wordpress.com/2011/10/03/dove-va-litalia-ovale-dopo-dunedin/

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"....la piu' bella vittoria l'avremo ottenuta quando le mamme italiane spingeranno i loro figli a giocare al rugby se vorranno che crescano bene, abbiano dei valori, conoscano il rispetto, la disciplina e la capacita' di soffrire. Questo e' uno sport che allena alla vita."

John Kirwan ex allenatore nazionale italiana e giocatore degli All Blacks