mercoledì 9 novembre 2011

Papà perdiamo sempre..! (sulla mentalità vincente-1^parte-)

minirugby.it-vincereAlcuni giorni fa ho assistito ad un match di mini rugby tra due formazioni di ragazzini finito tante mete a zero, dall’inizio alla fine la squadra che ha vinto ha giocato la palla portandola in meta senza trovare mai una opposizione tale da trasformare quel “monologo”  in una equilibrata partita di mini rugby.
A bordo campo un amico, dispiaciuto per le sorti della squadra in cui giocava suo figlio, che pure è un buon combattente, mi dice: “Perdono sempre, ma oggi è una debacle, il rischio è che si sentano dei perdenti, che non sappiano più vincere”.
In effetti la reazione emotiva di scoramento è comprensibile. Per quanto ci si ripeta che i ragazzi stanno imparando, quando prendi 15 mete e non ne marchi nemmeno una, uscire dal campo alla fine è un sollievo.
Diventa anche difficile poi scrivere “buona prova della nostra under che pur perdendo ha mostrato qualche buono spunto nonostante la supremazia fisica degli avversari".
Insomma, perdere così non piace a nessuno.
Mi chiedo quanto queste sconfitte pesino davvero sui ragazzini che le subiscono e se realmente questo può impedire loro di acquisire nel tempo una mentalità vincente.

Cos’è la vittoria? Cos’è la mentalità vincente?
La risposta a queste domande la troviamo in un discorso di un grande allenatore moderno, Julio Velasco, che ha affrontato tempo fa il tema in modo interessante; on line molti siti di club sportivi hanno rilanciato le parole di Velasco.
Cosa dice Velasco? Anzitutto si pone una domanda: cos’è la vittoria.

“[…] cosa significa vincere. Perché vincere contro gli avversari, fare le cose meglio degli altri è solo l'ultima tappa di un processo. E anche l'idea della mentalità vincente a volte è fuorviante.
Non credo che serva molto "caricare" i giocatori prima della partita. Certo, lo facciamo, ma solo qualche volta, altrimenti non serve, ci si abitua.  Ciò che conta è fare diversi passi che portano alla mentalità vincente, perché questa si ottiene solo vincendo. La mentalità vincente non è un trucco psicologico”.

Scommetto che anche voi dinanzi alla domanda “cos’è la vittoria” avreste risposto per lo più “superare l’avversario”. Secondo Velasco superare gli avversari è solo tappa di un processo di tre:
1) superare i propri limiti
2) superare le difficoltà
3) superare gli avversari.

"La prima vittoria che propongo ai miei giocatori, e che mi pongo io stesso, è battere un nemico terribile, anche perché si nasconde, anche perché noi non lo vogliamo mai affrontare, che di solito ci fa più paura anche dell'avversario più forte. E questo avversario sono i nostri difetti, i nostri limiti, le cose che non ci vengono bene, che non ci piacciono. Questa è la prima vittoria, perché se non si vince questa gara non c'è miglioramento, cioè aumento della qualità.
[…] Non c'è niente da fare: la prima vittoria è vincere contro noi stessi. E dopo questa prima vittoria possiamo già cominciare ad avere una mentalità vincente, perché sappiamo vincere i nostri difetti, e ancora non abbiamo battuto nessuna squadra.
Il secondo passo è vincere contro le difficoltà, che è un'altra cosa rispetto a noi, perché quando parlo dei nostri limiti parlo di limiti personali, oltre che della squadra, non limiti in generale. Poi ci sono altre difficoltà di ogni tipo che dobbiamo risolvere, che dobbiamo battere. […]. È un po' come preparare l'esercito per la guerra stando in un albergo a cinque stelle: ‘Stiamo in un albergo a cinque stelle così quando andiamo in guerra siamo in condizioni fisiche migliori’. Non credo che questo accada. Il passaggio dal fango dell'addestramento agli spari veri è comunque difficilissimo, ma almeno se siamo abituati al fango è già qualcosa. […] Non riuscire a vincere le difficoltà porta a quella che chiamo la ‘cultura degli alibi’, cioè il tentativo di attribuire il motivo di un nostro fallimento a qualcosa che non dipende da noi. Di solito ci si rifà a cose molto grandi, strutturali, storiche, del genere caratteristiche dei popoli (‘Noi italiani siamo così, lo abbiamo nei cromosomi, e allora non c'è niente da fare’). Ma la cultura degli alibi utilizza anche spiegazioni più banali. Nella pallavolo, ad esempio, si verifica questa situazione: lo schiacciatore, che riceve la palla un po' staccata dalla rete e tira fuori, dice al palleggiatore 'Prego, la palla più vicina', il palleggiatore, che a sua volta ha ricevuto la palla un po’ staccata e ha alzato male, si gira e dice alla ricezione 'Ragazzi, la ricezione!', quello che ha ricevuto la palla dall'avversario non può dirgli 'Batti più facile', allora dice 'Quella luce mi dà nell'occhio', allora devo chiamare gli elettricisti, invece di allenare”.

Il terzo livello di vittoria – per chiudere sempre con Velasco - è vincere contro gli avversari, un problema di qualità, nostra e degli altri. L’allenatore deve capire cosa deve migliorare per ottenere la vittoria (e non la perfezione, che non esiste e che se non raggiunta – come è certo – fa sì che il giocatore, vedendo che non ci riesce, cominci a considerarsi in modo negativo, perché non raggiunge l'obiettivo che gli abbiamo dato).

“Fra tutti i difetti dei giocatori occorre individuarne tre, e su quelli bisogna 'martellare', finché non si ottiene il salto di qualità, mentre gli altri li tocchiamo, ma non possiamo pretendere per tutti lo stesso livello di applicazione”.

FONTE:http://www.minirugby.it/mini-rugby-grande-sport/3950-papa-perdiamo-sempre-o-della-mentalita-vincente

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"....la piu' bella vittoria l'avremo ottenuta quando le mamme italiane spingeranno i loro figli a giocare al rugby se vorranno che crescano bene, abbiano dei valori, conoscano il rispetto, la disciplina e la capacita' di soffrire. Questo e' uno sport che allena alla vita."

John Kirwan ex allenatore nazionale italiana e giocatore degli All Blacks