L’Europa vuole correre a testa bassa con il piano per stabilizzare il clima. Niente deroghe, niente rinvii è la parola d’ordine di Sarkozy. Peccato per tanta determinazione nel momento sbagliato. La posizione dell’Italia – che assieme alla gran parte dei paesi dell’est propone di prendere tempo – sembra irresponsabile, anti-ambientalista e poco lungimirante. Ma la verità è un poco più complessa.
Nessun dubbio sul fatto che inquinamento e cambiamenti climatici siano una delle sfide più importanti di questo secolo. Ma come ha giustamente fatto osservare in un’intervista al Corriere Franco Prodi, climatologo di fama internazionale, se a impiccarsi al protocollo di Kyoto è la sola Europa, rischia di andare a carte quarantotto l’intera economia del vecchio continente senza per altro risultati apprezzabili sul fronte inquinamento.
Se paesi come Cina, India e Usa non fanno nulla, lo sforzo dell’Europa rischia di essere moralmente virtuoso, praticamente inefficace e soprattutto autolesionistico, visto che il piano europeo non è gratis, ma costa un botto di soldi ai governi e alle imprese (di questi tempi…).
Con una zavorra simile la nostra competitività, già di suo non brillante, sarebbe ancora peggiore, a tutto beneficio di paesi che del clima se ne infischiano. Senza contare la prevedibile fuga di imprese spinte a delocalizzare più di oggi, non solo per la manodopera a basso costo, ma anche per abbattere costi “ecologici” che in altri paesi non esistono.
La questione ambientale ha questo di particolare: va affrontata coralmente, altrimenti chi non lo fa se ne avvantaggia economicamente. È antipatico, ma è così.
giuseppe.morello@affaritaliani.it
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